Con l’approvazione della Strategia Nazionale e i recenti accordi intervenuti con Austria, Germania, Tunisia e Algeria è stato definitivamente delineato il piano di azione per la nascita di un mercato dell’idrogeno che vede il Paese principale attore di questo nuovo processo.
Lo scorso 26 novembre il Ministero dell’Ambiente e delle Sicurezza Energetica ha presentato nella sede del GSE, la Strategia Nazionale per l’Idrogeno (di seguito, “Strategia”), un documento di indirizzo che tratteggia gli obiettivi del Pease per valorizzare il ruolo dell’idrogeno - e, in particolare, dall’idrogeno verde[i] - nel processo di transizione energetica italiano, per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione assunti nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (“PNIEC”) al 2030 e nel Net Zero al 2050.
Come noto, infatti, l’idrogeno è chiamato a giocare un ruolo fondamentale nei c.d. settori hard-to-abate (HTA) dell’industria (acciaio, fonderie, ceramica, cemento vetro) nonché in ulteriori settori più specifici come quello della mobilità, del trasporto terrestre pesante o a lungo raggio, del settore marittimo e del trasporto aereo.
Del resto allo stato attuale, il suo utilizzo è limitato a quello di un gas tecnico, ovvero un fattore produttivo di cui viene fatto uso in alcuni specifici processi industriali (raffinazione del petrolio, produzione di fertilizzanti, etc.) ovvero all’uso come carburante in progetti pilota di mobilità sostenibile, ma che non ha ancora trovato un utilizzo significativo per la produzione di calore tramite combustione.
Viceversa, questo gas potrebbe assumere il ruolo importante come vettore energetico, poiché potenzialmente producibile da tutte le fonti energetiche primarie - rinnovabili (bio e non bio), fossili e nucleari e in quanto dotato di un certo grado di universalità per taluni usi finali.
La Strategia è quindi articolata secondo tre fondamentali direttive, ovvero: (i) la domanda di idrogeno; (ii) la produzione e la sua offerta; e (iii) il trasporto e le infrastrutture ad esso necessarie. In ciascuno di tali ambiti la Strategia ha sviluppato tre scenari, ovvero lo scenario “base”, quello “intermedio” e un ultimo di “alta diffusione”, che vengono seguiti da un capitolo dedicato alle azioni strategiche, politiche e le misure di supporto, fissando diversi orizzonti temporali da qui al 2050.
Con riguardo all’orizzonte di breve periodo (fino al 2030), la Strategia prevede che la domanda di idrogeno sarà guidata dagli obblighi europei della RED III, in ottemperanza alla quale l’Italia ha già intrapreso iniziative per sostenere la nascita di un mercato ad hoc, grazie alle risorse messe a disposizione dal PNRR che finanzieranno i primi progetti di produzione operativi entro il 2026. La Strategia punta ad implementare misure per facilitare la realizzazione di tali progetti, lavorando su schemi incentivanti per abbattere il costo dell’idrogeno, intervenendo per supportare la catena del valore fino all’utilizzatore finale, oltre che per semplificare la normativa e i percorsi autorizzativi ambientali e per la sicurezza.
In questa fase la produzione e il consumo sarà prevalentemente concentrato in aree confinate (c.d. Hydrogen Valleys), in grado di creare sinergie tra settori diversi, dalla mobilità all’industria e avvicinare domanda ed offerta. Questa fase di sviluppo embrionale della filiera e del mercato dovrebbe consentire di utilizzare forme di idrogeno rinnovabile e a bassa emissione carbonica per poter disporre, fin da subito, delle prime quantità significative di idrogeno dotato di garanzie di origine specifiche. Tale evoluzione sarà inoltre accompagnata dallo sviluppo - a livello locale - delle infrastrutture per il trasporto e la logistica.
La crescita potenziale del settore nel medio termine sarà invece indirizzata dalle politiche di riduzione delle emissioni, favorita dalla crescente disponibilità di tecnologie H2, oltre che supportata da misure pensate per dar seguito agli obblighi europei e dal PNRR consentire la nascita di un vero mercato dell’idrogeno, anche attraverso lo sviluppo di soluzioni di grande taglia in grado di abbattere i costi di esercizio. Rispetto agli scenari di breve termine, nel medio periodo ci si attende un aumento della domanda nei settori del trasporto marittimo ed aereo, industria HTA, mobilità su gomma pesante e a lungo raggio.
Nello scenario a lungo termine, il 2050 rappresenterà il punto di arrivo degli impegni Net Zero, con una penetrazione dell’idrogeno che potrà raggiungere il 18% dei consumi finali dell’industria HTA e il 30% dei consumi finali nel settore dei trasporti. L’infrastruttura sarà protagonista per lo scambio di energia con altri Paesi, consolidando il ruolo dell’Italia come hub di import dell’idrogeno per l’Europa con infrastrutture di reti gas collegate al Nord Africa e un insieme di porti, abilitati per l’import di idrogeno (e altri vettori energetici, tra cui ammoniaca, metanolo, etc.).
La Strategia, considerata la variabilità della produzione delle fonti rinnovabili non programmabili, che rende molto utile l’inserimento nella rete elettrica diverse tipologie di sistemi di accumulo, sottolinea la capacità dell’idrogeno, per sua natura, a differenza delle batterie e di quasi tutte le tecnologie attualmente considerate per l’accumulo, di consentire lo stoccaggio di grandi quantità di energia anche su periodi relativamente lunghi.
Negli scenari ipotizzati dalla Strategia, l’importazione di idrogeno sarà un’opzione necessaria (oltre che economicamente vantaggiosa) per coprire parte della domanda interna.
A tal proposito, è di rilievo in ambito infrastrutturale la realizzazione di una dorsale italiana di condotte dedicate al trasporto di idrogeno, parte del più ampio corridoio meridionale, Southern Hydrogen Corridor.
La domanda di idrogeno potrà, infatti, essere coperta da un’offerta di idrogeno in parte prodotto in Italia e in parte importato; il tema del possibile import di idrogeno ha già trovato spazio nella versione definitiva del PNIEC inviato alla Commissione europea il 1° luglio 2024. Difatti, secondo lo scenario di policy del PNIEC si stima che almeno il 70% della domanda sarà soddisfatta sul territorio nazionale, mentre la restante quota sarà importata. L’import rivestirà, quindi, già nel breve periodo un ruolo rilevante per la diffusione dell’idrogeno, nell’auspicio che venga a svilupparsi un mercato internazionale.
A lungo termine (oltre il 2030) è, inoltre, probabile che sia l’Italia che l’Europa non saranno in grado di produrre localmente abbastanza idrogeno, specialmente verde, per coprire l’intera domanda futura.
Grazie alla sua collocazione geografica e alla rete di infrastrutture di collegamento esistenti per il trasporto del gas naturale (da adeguare a trasporto di idrogeno), l’Italia ha l’opportunità di diventare un hub per l’import, la produzione e l’export di idrogeno rinnovabile, mettendo in collegamento il Nord Africa con l’Europa. Questo ruolo è ulteriormente rafforzato:
(i) dalla numerosità e distribuzione dei siti di stoccaggio di gas naturale disponibili nel paese, che potrebbero essere riconvertiti a stoccaggio di idrogeno, aumentando la sicurezza e il bilanciamento del sistema;
(ii) dalla disponibilità di approdi via mare per importazioni dal Mediterraneo e Medio Oriente di vettori energetici (es. ammoniaca) da convertire in idrogeno.
Un ruolo di rilievo nell’approvvigionamento dell’idrogeno rinnovabile nell’Unione Europea potrà essere svolto dal Corridoio Meridionale Idrogeno (“SoutH2 Corridor”).
Nell’ambito delle attività congiunte per lo sviluppo di un SoutH2 Corridor (che, attraversando Italia, Austria e Germania, consentirà l’importazione e la fornitura di idrogeno rinnovabile a basso costo, prodotto nei Paesi della sonda sud del Mediterraneo, ai principali cluster di domanda italiani e dell’Europa centrale), il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica sta lavorando, da tempo, con i Ministeri tedeschi ed austriaci per valutare ipotesi di collaborazione su specifici strumenti a supporto dell’importazione.
L’ultimo atto dell’ambizioso progetto risale allo scorso 21 gennaio 2025: Italia, Germania, Austria, Algeria e Tunisia hanno, infatti, firmato la lettera di intenti con cui si impegnano la realizzazione Corridoio meridionale dell’idrogeno (di circa 4.000 km), che collegherà i centri di produzione in Nord Africa con il cuore dell’Europa.
Per la realizzazione del South H2 Corridor sono previsti cinque sottoprogetti per una capacità di trasporto fino a 163 TWh all’anno. Per l’Europa, i progetti riguardano per il 60-70% la riconversione di gasdotti esistenti. Le varie tratte del Corridoio sono state riconosciute dalla Ue come Progetti di interesse comune (Pci) e hanno ottenuto da Bruxelles lo status di “Global Gateway”.
Nella dichiarazione, i firmatari si sono impegnati a rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell’infrastruttura attraverso un gruppo di lavoro congiunto composto da cinque membri, che si riunirà ogni sei mesi, al fine di coordinare le politiche nazionali, scambiare esperienze per garantire l’efficace attuazione del progetto, identificare le esigenze di finanziamento e meccanismi in grado di ridurre i rischi e sviluppare le competenze necessarie.
Del resto, la fornitura di idrogeno da vettori energetici importati avrebbe per l’Italia un impatto positivo in termini di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, già a breve/medio termine, e di preparazione all’utilizzo diffuso dell’idrogeno, tramite infrastrutture dedicate contribuendo a fornire idrogeno rinnovabile ad un prezzo più competitivo alle industrie italiane. Inoltre, si valorizzerebbe il ruolo dei porti, convertendoli in nuovi hub per le energie rinnovabili che fungerebbero da catalizzatori per lo sviluppo della domanda, analogamente a quanto sta già avvenendo nel Nord Europa. Ciò, potrebbe avere anche ricadute positive in termini di sviluppo di competenze e di una filiera logistica dedicata all’idrogeno.
Correlati ai temi dell’offerta e del mercato dell’idrogeno vi è senza dubbio il tema della sua tracciabilità e della certificazione della sua origine. A maggio 2024 il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato in via definitiva un regolamento ed una direttiva (cosiddetto pacchetto sui mercati dell’idrogeno e del gas) che punta tra l’altro a creare un quadro normativo per infrastrutture e mercati dedicati all'idrogeno e per una pianificazione di rete integrata. In particolare, il pacchetto prevede che siano emanate norme di qualità del gas e suo monitoraggio, anche in seguito alla miscelazione; inoltre prevede sia sviluppato un sistema di certificazione dell’idrogeno a basse emissioni di carbonio. Lo schema di certificazione (si estende anche ai prodotti derivati) dovrà essere sviluppato in coerenza con quanto già previsto per l’idrogeno rinnovabile di origine non biologica, andando così a completare il quadro regolatorio per la tracciabilità e certificazione dell’idrogeno e dei combustibili “low-carbon”, sia prodotti in UE, sia importati.
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La Strategia prevede più scenari, sottolineando come la molteplicità e la complessità delle tematiche legate allo sviluppo dell’idrogeno comporta il dover prendere in considerazione una serie di fattori non del tutto determinabili con largo anticipo rispetto al momento in cui un ampio dispiegamento delle tecnologie si renderà necessario. Da qui la scelta di più scenari per tracciare un percorso di medio-lungo termine sull’impiego dell’idrogeno rinnovabile.
Nello scenario ad “alta diffusione” viene attribuito al vettore idrogeno un ruolo molto importante, seppur differenziato settore per settore. Invece lo scenario “base”, pur riconoscendo un contributo significativo all’idrogeno, ipotizza un maggiore ritardo nella maturazione e nel raggiungimento della competitività di questo vettore.
Gli scenari al 2050 stimano consumi di idrogeno tra 6,4 e 11,9 milioni di tonnellate annue (6,39 mln ton nello scenario “base”, 9,08 mln ton in quello “intermedio” e 11,93 mln ton in quello “alta diffusione”). Lo scenario “alta diffusione” prevede un consumo che coprirà nel 2050 il 30% dei trasporti, il 18% dell’industria hard-to-abate e lo 0,7% nel civile.
Gli investimenti previsti variano in base alla quota di produzione nazionale e a quella dell’import: uno scenario con il 70% di produzione interna e 30% import e uno scenario con 80% di import e 20% di produzione. Nello scenario con il 70% di produzione interna, si stimano 8-16 miliardi di euro per 15-30 GW di elettrolizzatori, mentre con l’80% di import la spesa si riduce a 2-5 miliardi per 4-9 GW.
[i] L’idrogeno viene spesso classificato in base alla filiera produttiva impiegata. Tuttavia, può ancora capitare di imbattersi in una terminologia, non ufficiale, che fa riferimento ai colori: (i) idrogeno grigio, prodotto a partire da fonti fossili senza cattura della CO2 prodotta; (ii) idrogeno blu, prodotto a partire da fonti fossili ma catturando la CO2 prodotta; (iii) idrogeno verde, prodotto da fonti rinnovabili; (iv) idrogeno rosa, prodotto da fonte nucleare; (v) idrogeno bianco, di origine geologica. La Strategia Europea dell’idrogeno (COM/2020/301) fa, invece, riferimento a differenti tipologie di idrogeno classificandole come segue: 1) idrogeno elettrolitico, prodotto attraverso l'elettrolisi dell'acqua in un elettrolizzatore alimentato ad energia elettrica, a prescindere dalla fonte di quest'ultima; 2) idrogeno rinnovabile (o pulito), prodotto attraverso l'elettrolisi dell'acqua tramite energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili; 3) idrogeno di origine fossile, prodotto attraverso vari processi le cui materie prime sono combustibili fossili; 4) idrogeno di origine fossile con cattura del carbonio, caratterizzato dalla cattura dei gas serra emessi durante il processo di produzione; 5) idrogeno a basse emissioni di carbonio (“low carbon”) che include l'idrogeno di origine fossile con cattura del carbonio e l'idrogeno elettrolitico.