Con la sentenza n. 3264 del 16 aprile 2025, il Consiglio di Stato è tornato ad affrontare il tema della distinzione tra autotutela e decadenza in relazione ai provvedimenti di secondo grado adottati dal GSE.
Nel caso esaminato, il GSE, dopo aver approvato un progetto di efficientamento energetico e tre RCV, ne ha respinto la quarta annullando il provvedimento di accoglimento della PPPM e le RVC in precedenza approvate in quanto non conformi alla normativa (D.M. 28 dicembre 2012).
Ebbene, il Collegio ha stabilito che il provvedimento di annullamento non fosse riconducibile alla decadenza ma all’esercizio da parte del GSE del potere di autotutela, e come tale soggetto alla disciplina dell’art. 21 nonies della L. 241/1990, poiché fondato su una rivalutazione di elementi già esaminati in precedenza con esito positivo, senza che nel frattempo fossero emersi nuovi fatti o documenti.
La decadenza si caratterizza, infatti, per la tipologia di vizio, individuato (i) nella falsità o non veridicità delle condizioni dichiarate dall'istante, o (ii) nella violazione di prescrizioni amministrative ritenute essenziali per il perdurante godimento dei benefici ovvero, ancora, (iii) nel venir meno dei requisiti di idoneità per la costituzione e la continuazione del rapporto (Ad. Plen. 11 settembre 2020 n. 18). Il potere esercitato in questi casi dal GSE si concretizza nell’emanazione di un atto vincolato di carattere accertativo della mancanza dei requisiti oggettivi condizionanti ab origine l'ammissione all’incentivo (Cons. Stato, sez. IV, 12 gennaio 2017, n. 50; 24 gennaio 2022, n. 462; 20 gennaio 2021, n. 594; sez. VI, 3 gennaio 2022, n. 9; 28 settembre 2021, n. 6516; Corte cost., 13 novembre 2020, n.237), all’esito di un nuovo percorso procedimentale, nel cui contesto sono acquisiti ulteriori elementi conoscitivi.
Qualora, invece, l’assenza delle condizioni per accedere al meccanismo incentivante venga pronunciata sulla base di una mera riconsiderazione dello stesso materiale istruttorio già nella disponibilità del GSE, l’atto è da ricondurre alla categoria dell’annullamento d’ufficio in autotutela.
L’effettuazione di controlli sulla base di nuovi elementi istruttori traccia, dunque, la linea di demarcazione tra autotutela e decadenza.
Il giudici del Consiglio di Stato evidenziano come, una volta concluso il procedimento con il vaglio positivo degli elementi forniti dal privato, il loro riesame, non giustificato da nuovi elementi emersi, ovvero non dovuto a omissioni informative o false rappresentazioni, o inadempimenti ad obblighi assunti, deve necessariamente seguire i canoni ed i presupposti dell’esercizio del potere di autotutela soggiacendo ai relativi limiti di cui all’art. 21 nonies della L. 241/1990.